Soprattutto cose
L’ho aperto quel sacchetto lì per terra
posato lì da giorni, appena prima
che vi si posasse della polvere.
Una felpa che ti vestiva larga
e gonfia, le pantofole di feltro
che mi avevi regalato perché
regalassi io un po’ di riguardo alla
tua mamma, che teneva al pavimento
ma poi, sai, mi ha scritto che teneva anche a me.
Spero che non ti dispiaccia, perdonala:
siamo stati tanto, ma siamo soprattutto cose.
Cose che ho usato o che uso tuttora,
o che non vanno usate ma guardate
perché è così che si prendono di noi
cura, corpo pesante di un ricordo.
Ho pensato anche a rendere i regali;
non per farti un torto, per non farlo a me.
Te ne ho fatti tanti, ne ho indovinati
meno di quanti me ne hai raccontati.
Che ci promettiamo di sparire a fare
se cancelliamo le parole ma teniamo cose?
Ho preparato anch’io il mio sacchetto,
è uno bello, da regalo di pregio,
con i vestiti che hai fatto finta
di dimenticarti, ma lo sapevo
che volevi soltanto rivedermi
con la scusa di riaverli. Se ci penso
che ora non ne vuoi proprio sapere,
se penso a quando ti servivano le scuse
se noi due non siamo più, ci restano le cose.
E forse sai non te l’avrei poi dato
perché ci siamo ripresi anche troppo,
come il tempo, le abitudini perse,
i lati di noi soppressi per piacerci,
ciò che non eravamo diventati
e a cui credevamo aver rinunciato.
Quando non riusciamo a riconoscerci
ce lo ricordano le cose.
Se ogni giorno riesco a svegliarmi a fianco
alla sveglia che hai lasciato qui da me
come mai ci siamo odiati e detti addio?
Ho provato a vederla così, sai
ma temo di aver capito che se non
riusciamo a stare insieme è perché
noi non siamo cose.
E mi penso in una casa dove le
cose che mi ricordano di noi
son sparite e non ho meno paura,
la mensola mi parla anche senza
quel tuo libro, e mi va bene sia così,
saremo altro, lasciamo restino le cose.