Falene
I campanelli retroilluminati
dei palazzi scrostati
dove insieme siam cresciuti deboli
oramai non li riconosco dai
cognomi e le etichette,
ma da quella luce bianca al neon
dove volano ubriache falene;
è lì che moriranno.
Ho sperato prima e poi temuto che
così sarebbe stato anche per noi,
perché nelle nostre tristi astronomie
comprendiamo rotazioni, quasi mai
rivoluzioni o moti.
Mi fermo. Non mi segui.
Dico a un noi ma sono solo. Ma c’è
ancora il mio cognome lì stampato.
Ho suonato,
mi ha riconosciuto;
avrei voluto chiedere come ha fatto
perché io non lo so più
ma mi son dimenticato. Maggio,
la tua aria mi assolve,
si dissolvono i miei giorni.